Corte di Cassazione, sent. 8 settembre 2025, n. 30409

Autorità:
Cassazione

Data:
8 settembre 2025

Numero:
30409

Regione:
Lombardia

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 30409 dell’8 settembre 2025, ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva negato a un detenuto con grave disabilità motoria il differimento della pena e la detenzione domiciliare.

Il caso riguardava una persona affetta da paraplegia midollare, costretta in carrozzina e ristretta in un istituto penitenziario caratterizzato da barriere architettoniche, assenza di ausili adeguati e mancanza di personale in grado di fornire l’assistenza necessaria. Il Tribunale di Sorveglianza aveva escluso il differimento della pena, motivando la decisione con la presunta “inaffidabilità” del detenuto e il rischio sociale, citando un episodio di furto avvenuto durante un precedente differimento della pena.

Secondo il tribunale, tali episodi dimostravano un certo margine di autonomia del detenuto, nonostante la sua grave disabilità. Inoltre, il tribunale aveva osservato che dalle relazioni mediche non emergeva un’incompatibilità assoluta tra le condizioni di salute del detenuto e il regime carcerario, sottolineando che eventuali difficoltà potevano essere superate tramite il trasferimento in una struttura più attrezzata. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione errata e insufficiente. Il Tribunale di sorveglianza, infatti, avrebbe dovuto compiere un vero e proprio bilanciamento concreto tra le esigenze di sicurezza e la tutela della salute del condannato.

A tal proposito, non è sufficiente valutare astrattamente la compatibilità tra la patologia e lo stato detentivo. Occorre, invece, verificare se, alla luce delle condizioni effettive dell’ambiente detentivo, il trattamento imposto al detenuto possa comportare un trattamento inumano e degradante, in violazione degli artt. 32 e 27 della Costituzione e dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A tale proposito, peraltro, la corte di Cassazione osserva che, in un ambiente carcerario, alle normali restrizioni della libertà personale si sommano “ulteriori ostacoli oggettivi, che rendano vieppiù complicati e malfermi, a chi soffre già di una patologia di notevole rilievo, anche i più comuni ed elementari atti della vita quotidiana”.