Autorità:
Corte costituzionale
Data:
5 maggio 2025
Numero:
76
Regione:
Sicilia
con sentenza n. 76 del 2025 (link), la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 35 della legge n. 833 del 1978 nella parte in cui non prevede che il provvedimento del sindaco con cui si dispone il TSO nei confronti di una persona ricoverata in ospedale, sia comunicato alla stessa persona interessata; che quest’ultima sia ascoltata dal giudice tutelare prima della convalida; e che il relativo decreto di convalida le venga notificato. La Corte ricorda che l’adozione di un TSO è subordinata, per la sua invasività, ad una serie di presupposti sostanziali (presenza di gravi alterazioni psichiche che richiedono cure urgenti, rifiutate dal paziente, e impossibilità di adottare misure extraospedaliere tempestive e adeguate). Siamo in effetti di fronte ad una misura di extrema ratio, anche in ragione delle finalità che informano l’istituto: non la difesa sociale, ma la tutela della salute dell’interessato, in linea con la logica personalista del disegno costituzionale. Vi sono dunque importanti garanzie procedimentali e processuali in caso di persona in degenza ospedaliera: dopo un duplice parere medico, il sindaco adotta un provvedimento motivato che deve essere notificato al giudice tutelare nelle 48 ore successive e convalidato da quest’ultimo entro altre 48 ore, pena la cessazione del TSO. Inoltre, l’interessato può proporre ricorso contro il TSO. A fronte di ciò, la Corte rileva che l’art. 35 della legge n. 833 del 1978 non consente però all’interessato di conoscere il provvedimento e di partecipare al procedimento di convalida giurisdizionale. Detta mancanza realizza «una significativa compressione del diritto di difesa e al contraddittorio, cioè dei contenuti minimi della tutela giurisdizionale». Inoltre, aggiunge la Corte, «tale compressione assume particolare rilievo perché attiene a provvedimenti amministrativi adottati in assenza del consenso dell’interessato, in violazione del principio di libertà di cura, e incidenti sulla sua libertà fisica, quindi sul nucleo primario della protezione costituzionale della libertà personale». La Corte – questo pare il passaggio più rilevante – sottolinea come la violazione di questi diritti non può essere giustificata alla luce della condizione di infermità psichica dell’interessato. Anzi, numerosi istituti dell’ordinamento giuridico, quali l’amministrazione di sostegno, sono ormai caratterizzati dalla finalità di sacrificare il meno possibile la capacità di agire della persona con disabilità psichiche, anche su un piano processuale (par. 7). «È certamente escluso – afferma la Corte – che le persone, soltanto perché affette da infermità fisica o psichica, siano per ciò stesso private dei diritti costituzionali, compreso il diritto di agire e di difendersi in giudizio». Circostanza che invece si verifica se manca l’audizione della persona interessata da parte del giudice tutelare, prima della convalida del provvedimento. Questa garanzia, d’altra parte, risponde a numerose finalità, quali la verifica dei requisiti sostanziali che giustificano il trattamento e il rispetto dei limiti alla restrizione della libertà personale imposti dalla Costituzione. L’audizione, inoltre, rileva quale strumento di primo contatto che consente al giudice tutelare di conoscere le condizioni concrete in cui versa l’interessato (compresa l’eventuale presenza di una rete familiare e sociale), anche ai fini della possibile adozione di provvedimenti provvisori di protezione, necessari alla cura della persona.