Trib. di Milano, sez. lav., sent. 3 settembre 2024, n. 3455 

Autorità:
Tribunale

Data:
3 settembre 2024

Numero:
3455

Regione:
Lombardia

Un dirigente d’azienda impugnava il licenziamento individuale sostenendo la natura discriminatoria e ingiustificata del recesso. Il ricorrente affermava che la decisione aziendale era riconducibile alla sua fruizione dei permessi ex L. n. 104/1992 per assistere il figlio disabile. Secondo il dirigente, la società avrebbe simulato la soppressione della sua posizione lavorativa, salvo poi assumere un altro dipendente con mansioni analoghe. Chiedeva la reintegrazione o, in subordine, il pagamento dell’indennità supplementare prevista dal CCNL. Il Tribunale ha esaminato la pretesa discriminazione per motivo di disabilità del familiare ai sensi dell’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori e della Direttiva 2000/78/CE. Ha confermato che il ricorrente aveva l’onere di provare che il licenziamento fosse conseguenza diretta della fruizione dei permessi L. n. 104/1992 e che un lavoratore in condizioni analoghe senza tale fattore di rischio non sarebbe stato licenziato (Cass. n. 3361/2023). Tuttavia, il numero esiguo di permessi fruiti (3-4 in sei mesi) e l’assenza di elementi univoci hanno escluso la sussistenza di un intento discriminatorio. Quanto alla giustificatezza del licenziamento, il Tribunale ha ribadito che, nel rapporto dirigenziale, il recesso è legittimo se fondato su ragioni oggettivamente apprezzabili, anche legate a riorganizzazioni aziendali (Cass. n. 34976/2021). La società ha dimostrato che la soppressione della posizione era dovuta alla cessazione di un progetto e alla riorganizzazione del mercato estero, con redistribuzione delle funzioni. Il Tribunale ha rigettato il ricorso, ritenendo il licenziamento giustificato e non discriminatorio.

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