Cass. civ., sez. lav., ord. 17 gennaio 2024, n. 1788

Autorità:
Corte di Cassazione

Data:
17 gennaio 2024

Numero:
1788

Regione:
Lazio

La Corte di Cassazione affronta il caso di una lavoratrice dell’ATAC di Roma Capitale, madre di un figlio minore gravemente disabile, che ha chiesto l’accertamento del carattere discriminatorio indiretto del comportamento tenuto nei suoi riguardi dal datore di lavoro, per aver rifiutato di assegnarla ad un turno di mattina per lo svolgimento delle mansioni sino ad allora disimpegnate o anche, con il suo consenso, a mansioni di livello inferiore, al fine di consentirle di assistere il figlio nelle ore pomeridiane e nel contempo continuare a svolgere la propria attività lavorativa in condizioni di eguaglianza con gli altri dipendenti. La controversia riguarda la legittimazione del caregiver ad azionare la tutela antidiscriminatoria che sarebbe riconosciuta al disabile dalla Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, laddove quest’ultimo fosse il lavoratore. In particolare, viene in rilievo il problema se gravi, sul datore di lavoro del caregiver l’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli per garantire, altresì in favore del caregiver, il rispetto del principio di parità di trattamento nei confronti degli altri lavoratori, sul modello previsto per i disabili dall’art. 5 «Soluzioni ragionevoli per i disabili» della Direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Ulteriore profilo in discussione investe l’individuazione della definizione da accogliere di caregiver rilevante per l’applicazione della direttiva 2000/78/CE. Pertanto, il Collegio ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, formulando i seguenti quesiti: a) se il diritto dell’unione europea debba interpretarsi, eventualmente in base anche alla convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che sussista la legittimazione del caregiver familiare di minore gravemente disabile, in quale deduca di aver patito una discriminazione indiretta in ambito lavorativo come conseguenza dell’attività di assistenza da lui prestata, ove quest’ultimo fosse il lavoratore, dalla direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; b) se, nell’ipotesi di risposta affermativa alla questione a), il diritto dell’unione europea vada interpretato, eventualmente in base anche alla convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che gravi sul datore di lavoro del caregiver di cui sopra l’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli per garantire, altresì in favore del detto caregiver, il rispetto del principio della parità di trattamento nei confronti degli altri lavoratori, sul modello di quanto previsto per i disabili dall’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE; c) se, nell’ipotesi di risposta affermativa alla questione a) e/o alla questione b), il diritto dell’unione europea vada interpretato, eventualmente in base anche alla convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, nel senso che per caregiver rilevante ai fini dell’applicazione della direttiva 2000/78/CE si debba intendere qualunque soggetto, appartenente alla cerchi familiare o convivente di fatto, che si prenda cura in un ambito domestico, pure informalmente, in via gratuita, quantitativamente significativa, esclusiva, continuativa e di lunga durata di una persona che, in ragione della propria grave disabilità, non sia assolutamente autosufficiente nello svolgimento degli atti quotidiani della vita o se il diritto dell’unione europea vada interpretato nel senso che la definizione di caregiver in questione sia più ampia o ancora più ristretta di quella sopra riportata.