Cass. civ., sez. lav., ord. 9 maggio 2024, n. 12679

Autorità:
Corte di Cassazione

Data:
9 maggio 2024

Numero:
12679

Regione:
Lombardia

La società datrice di lavoro licenziava per giusta causa un proprio dipendente, accusandolo di aver abusato dei permessi ex art. 33, comma 3, L. 104/1992, usufruiti per assistere la moglie affetta da grave asma. Secondo la datrice, l’uomo avrebbe usato detti permessi per accompagnare la coniuge al mare e per portare il cane dal veterinario. Il Tribunale confermava la legittimità del licenziamento, ma la Corte d’Appello di Milano, riformando la decisione, ne dichiarava l’illegittimità, ordinando la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento del danno. La Corte d’Appello ha ritenuto non abusivo l’uso dei permessi, in quanto le condotte contestate non compromettevano il carattere continuativo e assistenziale dell’attività svolta. È stato considerato, da un lato, che la presenza del lavoratore durante il soggiorno marino della moglie rispondesse a esigenze terapeutiche legate alla patologia respiratoria e, dall’altro, che l’assistenza all’animale domestico, svolta per una parte marginale del tempo, alleggerisse il carico della persona disabile, potendosi in tal senso ritenere funzionale alla cura. Tali valutazioni sono state fondate su documentazione medica, testimonianze e criteri interpretativi consolidati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della datrice di lavoro, confermando che l’accertamento della legittimità della condotta del lavoratore spetta al giudice di merito, la cui decisione è stata supportata da un’adeguata istruttoria e da motivazioni coerenti con l’orientamento giurisprudenziale. Tutti i motivi di ricorso sono stati ritenuti infondati.