Trib. di Ascoli Piceno, sez. lav., sent. 31 maggio 2024, n. 177 

Autorità:
Tribunale

Data:
31 maggio 2024

Numero:
177

Regione:
Marche

Un lavoratore impugnava il licenziamento per giusta causa intimatogli contestando l’accusa di utilizzo improprio dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992. L’azienda, sulla base di un’indagine investigativa, sosteneva che il dipendente, nei giorni di fruizione del beneficio, non avesse prestato alcuna assistenza alla sorella disabile, dedicandosi invece a attività personali, come frequentare la palestra, recarsi in centri commerciali e fare viaggi in auto. Il ricorrente giustificava la propria condotta affermando che l’assistenza poteva essere prestata anche indirettamente, ad esempio effettuando acquisti per la sorella e consegnandoli tramite terzi. Il Tribunale ha ritenuto fondato il licenziamento, evidenziando che, sebbene l’assistenza non debba necessariamente coincidere con l’intero orario lavorativo, deve comunque garantire un intervento assistenziale di carattere permanente, continuativo e globale. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’assenza totale di contatto con il familiare disabile nei giorni di permesso configura un abuso del diritto e una violazione dei principi di buona fede e correttezza contrattuale (Cass. n. 19580/2019). Nel caso specifico, l’indagine investigativa ha dimostrato che il lavoratore non si era mai recato presso il domicilio della sorella nei giorni di permesso, né aveva svolto alcuna attività direttamente connessa all’assistenza. Il Tribunale ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa.

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