Autorità:
Cassazione Penale
Data:
18 luglio 2024
Numero:
29271
Regione:
Lombardia
La Corte di Cassazione, sez. V penale, si è pronunciata sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado con cui la ricorrente era stata condannata in relazione al reato ex art. 612 bis, co. 3, c.p., aggravato dalla circostanza di avere commesso il fatto in danno di persona con disabilità ex art. 3, l. n. 104 del 1992, essendo la persona offesa invalida al 75% per problemi psichici. Secondo la ricorrente non sarebbe sussistita tale circostanza aggravante, dal momento che alla persona offesa era stata riconosciuta un’invalidità civile al 75%, ma non era stata riconosciuta persona con disabilità, ai sensi dell’art. 3, l. n. 104 del 1992, riconoscimento per il quale deve intervenire necessariamente la Commissione medica presso l’ASL competente, nel caso in esame assente.
La Corte di Cassazione dichiara il motivo alla base del ricorso infondato; richiamando la recente giurisprudenza di legittimità relativa a una diversa fattispecie di reato, quella di cui all’art. 572, c.p., il cui comma terzo prevede la stessa circostanza aggravante del terzo comma dell’art. 612 bis, c.p., la Corte di Cassazione ha affermato che la configurabilità dell’aggravante di aver commesso il fatto in presenza o in danno di persona con disabilità non postula il previo formale riconoscimento dello stato di “handicap” secondo le procedure della legge n. 104 del 1992. Infatti, la norma in questione fa riferimento alla sola definizione della condizione personale della vittima del reato ed «è sufficiente, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante di cui si discute, l’accertamento in sede penale, in base agli indici fattuali disponibili, dell’esistenza di minorazioni fisiche o psichiche incidenti sulle relazioni sociali della persona, tali da determinare uno svantaggio sociale o la sua emarginazione» (Cass. Pen., sez. VI, sent. 20 marzo 2024, n. 11724).