Autorità:
Corte di Cassazione
Data:
9 maggio 2024
Numero:
12679
Regione:
Lombardia
Non costituisce giusta causa di licenziamento la condotta del lavoratore che, durante la fruizione di permessi retribuiti ex art. 33, comma 3, l. 5 febbraio 1992 n. 104, ottenuti per prestare assistenza al coniuge disabile, dedichi parte del tempo per portare il cane di famiglia dal veterinario. Il dipendente era stato licenziato per presunto abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della l. n. 104/1992; il datore di lavoro aveva contestato l’utilizzo di tali permessi per attività estranee all’assistenza al coniuge disabile. Tra le condotte contestate figuravano l’accompagnamento della moglie presso una località marina e l’utilizzo di parte del permesso per portare il cane dal veterinario. La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento e ordinato la reintegrazione del lavoratore con risarcimento del danno. La Cassazione ha confermato l’orientamento secondo cui i permessi ex l. n. 104/1992 devono essere utilizzati per l’assistenza effettiva e continuativa al disabile, ma non in modo esclusivo e ininterrotto. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato che il soggiorno al mare poteva apportare benefici alla moglie del lavoratore, configurandosi come un’attività compatibile con la finalità assistenziale. Inoltre, l’utilizzo di una frazione minima del permesso per esigenze familiari non aveva alterato la finalità complessiva della prestazione assistenziale. La Corte ha ritenuto infondati i motivi di ricorso della società, confermando la decisione della Corte d’Appello e ribadendo l’illegittimità del licenziamento.