Cass. civ., sez. I, ord. 12 febbraio 2024, n. 3751   

Autorità:
Corte di Cassazione

Data:
12 febbraio 2024

Numero:
3751

Regione:
Lombardia

La decisione trae origine dal reclamo proposto dal beneficiario contro l’apertura dell’amministrazione di sostegno il cui campo di applicazione era limitato all’amministrazione e gestione della società di cui il beneficiario era presidente (con esclusione del suo patrimonio personale). La corte di appello accoglie il reclamo limitando l’amministrazione di sostegno ai soli atti di amministrazione straordinaria della società. Il beneficiario ha proposto reclamo contro questa decisione, contestandone innanzitutto l’illogicità: l’esclusione del patrimonio personale del ricorrente dall’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno è segno che questa non si configura come necessaria. Il ricorrente inoltre afferma che l’istituto dell’amministrazione di sostegno riguarda i beni e la gestione dei beni dell’amministrato nonché la tutela degli interessi di quest’ultimo, non di quelli di un altro soggetto di diritto, ovvero la società, il cui patrimonio è autonomo e distinto da quello del ricorrente. Il ricorrente eccepisce inoltre che il provvedimento del giudice tutelare avrebbe prodotto una violazione delle norme di legge e statutarie autorizzando l’amministratore di sostegno, e, dunque, un non socio, al diritto di voto in assemblea, contro la volontà del socio ricorrente e senza che questi fosse prima sentito. Infine, solleva la questione di legittimità costituzionale delle norme del codice civile che regolano l’amministrazione di sostegno, in quanto contrarie a numerosi parametri costituzionali (articoli 2, 3, 13, 24, 32, 111) nonché all’art. 8 e all’art. 1, primo protocollo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Queste norme, infatti, avrebbero permesso al giudice tutelare di aprire l’amministrazione di sostegno contro la volontà libera e consapevole del beneficiario limitandone, in modo sproporzionato, immotivato e totale, il diritto di proprietà. La Cassazione, nell’accogliere i primi due motivi del ricorso, ribadisce che l’amministrazione di sostegno, il cui tratto distintivo è la flessibilità, ha quale finalità la tutela individualizzata del soggetto da realizzarsi con il minor sacrificio possibile della capacità di agire della persona, in linea con quanto affermato dall’art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Ciò implica che i poteri dell’amministratore devono essere proporzionati e specificamente individuati e modellati in base alle condizioni del beneficiario. Inoltre, si impone che il beneficiario abbia il diritto di essere informato e a che le sue opinioni (incluso il dissenso o la proposta di strumenti alternativi all’amministrazione di sostegno) vengano prese in considerazione in ogni decisione che lo riguardi. Qualora il giudice si discosti da queste opinioni dovrà fornire una dettagliata motivazione non solo rispetto all’incapacità del beneficiario di gestire i propri interessi, ma anche rispetto alla mancanza di strumenti alternativi che possano supportare il beneficiario limitandone la capacità nel minor modo possibile. La Cassazione, richiamando la giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 114/2019), evidenzia che solo se intesa in questi termini la misura dell’amministrazione di sostegno è in linea con il sistema costituzionale. La decisione impugnata, invece, non risponde a questi requisiti, dal momento che non spiega per quale motivo considera il beneficiario abbastanza lucido da gestire il proprio patrimonio personale, ma non le sue partecipazioni societarie né di esercitare il proprio diritto di voto in assemblea. Aderendo alle ragioni del ricorrente, la Cassazione censura, inoltre, la sovrapposizione di piani (tra l’interesse del beneficiario e quello della società) operata dal giudice tutelare.