Cass. civ., sez. I, ord. 17 gennaio 2024, n. 1782  

Autorità:
Corte di Cassazione

Data:
17 gennaio 2024

Numero:
1782

Regione:
Puglia

La decisione trae origine dal reclamo presentato dal beneficiario contro il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno emesso dal giudice tutelare su ricorso del comune. Detto reclamo era stato parzialmente accolto dal giudice di appello che tuttavia confermava la nomina dell’amministratore di sostegno chiamato ad assistere il beneficiario “nella realizzazione delle condizioni necessarie a rendere abitabile la propria casa, nonché nella cura della propria persona e del proprio stato di salute”. Il ricorso si fonda su tre motivi con cui il beneficiario contesta: a) il difetto di motivazione rispetto all’accertamento delle condizioni psico-fisiche richieste per l’apertura dell’amministrazione di sostegno; b) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio consistenti in una serie di documenti (certificato del medico curante, scritto del suo avvocato di fiducia, relazione dell’amministratore di sostegno e dichiarazioni scritte della coordinatrice della struttura in cui era ospitato) attestanti la sua capacità di curare la sua salute e i suoi interessi; c) violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione, nonché della legge 6/2004 e degli articoli 404 e ss. intesi come funzionali al controllo della gestione del patrimonio e non della cura della persona. La Cassazione, nel ritenere fondato il ricorso, ribadisce alcuni principi consolidati secondo cui l’amministrazione di sostegno non può essere aperta in ragione di asserite esigenze di gestione del patrimonio a favore di un soggetto pienamente capace, pur se in condizioni di menomazioni fisiche. L’ amministrazione di sostegno, infatti, ha quale finalità la tutela concreta e attuale degli interessi del soggetto, da realizzarsi al netto di compressioni ingiustificate della capacità di agire dell’interessato, pena la violazione della sua autodeterminazione e libertà personale. Tale finalità viene meno qualora l’interessato, in condizioni di piena lucidità, si opponga alla nomina dell’amministratore e la tutela dei suoi interessi sia già realizzata attraverso la rete familiare o un sistema di deleghe già attivate dall’interessato. Nel caso di specie, emerge che il beneficiario versa in uno stato di “scompenso psicologico” che comporta una parziale incapacità di curare i propri interessi e un temporaneo isolamento relazionale (anche alla luce della mancanza di una rete familiare e del forte conflitto in corso con la ex moglie e con la figlia). Ciò potrebbe giustificare l’apertura dell’amministrazione di sostegno in termini di mera assistenza. Tuttavia, la Corte di merito non solo ha mancato di esaminare la produzione documentale depositata dal ricorrente, ma ha anche mancato di regolare, in ragione di quanto emerso a livello fattuale, i poteri dell’amministratore di sostegno, prevedendo al contrario ampie e gravi limitazioni alla capacità di agire del beneficiario che non risultano né proporzionate, né idonee, né adeguatamente motivate.