Autorità:
Tribunale
Data:
23 dicembre 2024
Numero:
12496
Regione:
Marche
Con questa decisione, il giudice tutelare di Ascoli Piceno ha affrontato una delle questioni più delicate nel rapporto tra amministratore di sostegno (ADS), beneficiario e lo stesso giudice tutelare (GT). Viene infatti rigettata l’istanza con cui un ADS (fratello del beneficiario) aveva chiesto una modifica dei propri poteri in ambito sanitario, al fine di esprimere il rifiuto ad un trattamento sanitario di sostegno vitale consistente in una tracheostomia da effettuarsi a favore del beneficiario stesso, persona con plurime gravissime patologie, ormai incapace di esprimere le proprie determinazioni e ricoverato in rianimazione a seguito di insufficienza respiratoria acuta. A sostegno dell’istanza, l’ADS segnalava che il fratello avrebbe più volte affermato in passato di non voler essere sottoposto alla tracheostomia.
Alla luce del quadro giuridico vigente, il GT ricorda che l’ADS può esprimere un consenso o rifiuto ai trattamenti sanitari vitali solo se a ciò espressamente autorizzato nel decreto di nomina. In assenza di ulteriori indicazioni a livello legislativo e giurisprudenziale, il GT ha fondato la sua decisione negativa sul mancato accertamento dei seguenti elementi, desunti in via interpretativa dalla giurisprudenza costituzionale: a) la capacità di autodeterminarsi; b) la volontà della persona beneficiaria. A seguito dell’istruttoria condotta, delle relazioni mediche acquisite e dell’esame diretto del beneficiario presso l’ospedale, il GT ha ritenuto che non sussistesse in modo inequivocabile né l’irreversibilità della condizione di non autodeterminazione dell’interessato (che andrà valutata successivamente alla tracheostomia), né risultasse l’inequivocabile volontà di rifiuto dell’intervento. Di conseguenza, il giudice ha concluso per la necessità di ulteriori accertamenti, anche attraverso ulteriori consulenze, ma solo dopo la tracheostomia. Si tratta certamente di una decisione difficilissima, ma il GT in questo caso non è sembrato valorizzare appieno la volontà della persona con disabilità, di cui pure dà conto, richiamando le testimonianze dei parenti in relazione al rifiuto della condizione di stato vegetativo espresso in passato dal beneficiario. Il GT ha ritenuto che tale volontà fosse infatti in qualche modo condizionata dalla particolare fragilità del beneficiario, che pure aveva già alle spalle una storia personale caratterizzata da rifiuti di cura e tentativi di suicidio.