Autorità:
Corte costituzionale
Data:
3 giugno 1987
Numero:
215
Regione:
Lazio
La norma oggetto della questione di legittimità costituzionale era l’art. 28, comma 3, della legge n. 118 del 1971. Tale previsione, nella prospettiva di ampliare sempre più l’effettività del diritto allo studio peri ragazzi con disabilità così disponeva: «sarà facilitata, inoltre, la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori e universitarie». Alla luce di questa previsione, nei confronti di una ragazza diciottenne portatrice di handicap veniva disposta da parte del preside la non ammissione alla ripetizione della prima classe della scuola superiore. Adito dai genitori, il Tar Lazio sollevava la questione davanti alla Corte costituzionale ritenendo che la decisione adottata dal preside trovasse il suo legittimo fondamento nell’art. 28 della legge n. 118 del 1971, che effettivamente non assicurava il diritto all’istruzione superiore, in ragione del fatto che lo stesso, secondo la lettera della legge, era «facilitato», ma non «assicurato». Della conformità a Costituzione di tale previsione, però, il Tar Lazio dubitava e, conseguentemente, rimetteva la questione alla Corte. La Corte precisò innanzitutto come effettivamente l’art. 28, terzo comma, della legge n. 118 del 1971, avendo un contenuto esclusivamente programmatorio, si limitasse a esprimere solo un generico impegno e un semplice rinvio a imprecisate e future facilitazioni. «Il suo tenore» – sostiene la Corte – «non è perciò idoneo a conferire certezza alla condizione giuridica dell’handicappato aspirante alla frequenza della scuola secondaria superiore; a garantirla, cioè, come diritto pieno». Ciò premesso, la Corte mise in evidenza come, da una parte, «la partecipazione al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisca un rilevante fattore di socializzazione e possa contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato» e come, dall’altra parte, «la frequenza scolastica [sia] un essenziale fattore di recupero del portatore di handicaps e di superamento della sua emarginazione ai fini del complessivo sviluppo della personalità». Di conseguenza, le esigenze di apprendimento e socializzazione che rendono proficua a questo fine la frequenza scolastica non possono venir meno col compimento della scuola dell’obbligo: «[…] anzi, proprio perché si tratta di complessi e delicati processi nei quali i portatore di handicaps incontra particolari difficoltà, è evidente che una loro artificiosa interruzione, facendo mancare uno dei fattori favorenti lo sviluppo della personalità, può comportare rischi di arresto di questo, quando non di regressione». Alla luce di queste considerazioni, l’art. 28 venne dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto agli articoli 2, 3, 34 Cost.: la Corte, ricorrendo a una sentenza sostitutiva, affermò la non conformità a Costituzione della previsione secondo cui la frequenza alle scuole medie superiori fosse semplicemente «facilitata», dovendo viceversa essere «assicurata».