Autorità:
Tribunale
Data:
7 novembre 2024
Numero:
11187
Regione:
Lazio
Il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità del licenziamento di un lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto, ritenendolo discriminatorio in quanto legato alla sua condizione di salute.
Nel caso di specie, il lavoratore, custode dal 1995 e affetto da disabilità riconosciuta al 70% dal 2017 per gravi patologie cardiache, era stato licenziato per superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL di categoria (180 giorni). Le assenze che avevano determinato il superamento del comporto erano causate da un intervento chirurgico e successivo trattamento riabilitativo. Gli eredi del lavoratore, deceduto nel 2023, hanno impugnato il licenziamento, deducendo il suo carattere discriminatorio e chiedendo il risarcimento.
Il giudice ha evidenziato che l’applicazione uniforme del periodo di comporto senza distinguere tra assenze correlate alla disabilità e altre malattie costituisce discriminazione indiretta.
Secondo il d.lgs. n. 216/2003 e la Direttiva 2000/78/CE, una prassi apparentemente neutra è discriminatoria quando svantaggia i lavoratori disabili rispetto agli altri.
Nel caso in esame, è stato dimostrato che le assenze derivavano interamente dalla patologia invalidante che già nel 2017 aveva giustificato il riconoscimento della disabilità. L’omissione da parte datoriale di aver provveduto ad attuare accomodamenti ragionevoli, unitamente all’automatica applicazione del comporto hanno aggravato la posizione del lavoratore.
Sebbene non fosse contestato che il lavoratore avesse superato il periodo di comporto, il Tribunale ha sottolineato che la discriminazione opera in modo oggettivo, indipendentemente dalla consapevolezza datoriale dello stato di disabilità. Il datore di lavoro avrebbe dovuto attivarsi per verificare la natura delle assenze, conformemente ai principi di correttezza e buona fede.