Trib. di Lecco, sez. lav., sent. 17 giugno 2024, n. 96 

Una lavoratrice, impiegata amministrativa, ha impugnato le modifiche unilaterali delle sue mansioni e del suo orario di lavoro. La ricorrente lamentava di essere stata demansionata e costretta a turni incompatibili con la sua posizione di caregiver ex L. n. 104/1992. Contestava, inoltre, l’assegnazione a compiti di portineria e accoglienza, ritenendoli estranei alle sue mansioni amministrative, e la mancata concessione dello smart working. Chiedeva quindi il ripristino del precedente inquadramento e orario, oltre al risarcimento per danni patrimoniali ed esistenziali. La società resistente giustificava il mutamento organizzativo con un piano di ottimizzazione dei servizi amministrativi, volto a garantire maggiore flessibilità nella gestione del personale e una migliore accoglienza degli ospiti. Contestava, inoltre, l’esistenza di discriminazione o mobbing.  Il Tribunale ha escluso la discriminazione indiretta, rilevando che la lavoratrice non aveva fornito elementi concreti sulla sua condizione di caregiver che dimostrassero uno svantaggio specifico rispetto agli altri dipendenti. Ha inoltre rigettato la richiesta di smart working, sottolineando che tale modalità non costituisce un diritto soggettivo, ma richiede un accordo con il datore di lavoro. Tuttavia, ha ritenuto sussistente il demansionamento, poiché la ricorrente era stata assegnata stabilmente a mansioni inferiori di portineria, prive di contenuto amministrativo e proprie di un livello di inquadramento più basso. Questo ha comportato una lesione del diritto alla professionalità tutelato dall’art. 2103 c.c. Per quanto riguarda il mobbing, il Tribunale ha escluso un intento persecutorio, rilevando che le modifiche organizzative avevano interessato anche altri dipendenti e non erano mirate esclusivamente alla ricorrente. Il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, condannando la società al ripristino delle mansioni amministrative.