Autorità:
Corte d’Appello
Data:
28 aprile 2024
Numero:
54
Regione:
Veneto
Il lavoratore, operaio ceramista, veniva sospeso dal servizio e dalla retribuzione a seguito di un giudizio medico di idoneità con limitazione al sollevamento di carichi oltre 5-6 kg. Il Tribunale di Rovigo aveva ritenuto legittima la sospensione per mancanza di mansioni compatibili. L’appellante ha impugnato la decisione deducendo la presenza in azienda di mansioni compatibili e la violazione dell’obbligo di repêchage e degli accomodamenti ragionevoli.
La Corte ha richiamato il principio per cui la sospensione unilaterale del lavoratore, in assenza di impossibilità assoluta o parziale della prestazione per cause non imputabili al datore, comporta una “mora credendi” e il conseguente diritto alla retribuzione. In tema di inidoneità sopravvenuta, grava sul datore l’onere di dimostrare rigorosamente l’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni compatibili. Dall’istruttoria non è emersa prova certa della non utilizzabilità del lavoratore in mansioni come etichettatura, preparazione del mastice o asciugatura piastrelle, attività successivamente esternalizzate ma disponibili nel periodo oggetto di causa. È stata quindi esclusa la legittimità della sospensione, essendo fondata su presupposti non sufficientemente provati e in parte contraddetti dai riscontri testimoniali.
La Corte ha accolto l’appello, riformando la sentenza di primo grado. Ha accertato l’illegittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni maturate sino alla data del licenziamento.