Autorità:
Corte d’Appello
Data:
12 giugno 2024
Numero:
249
Regione:
Veneto
Un lavoratore impugnava il licenziamento per giusta causa irrogato con l’accusa di aver abusato dei permessi ex art. 33 L. n. 104/1992. La contestazione disciplinare riguardava l’assenza ingiustificata durante un turno di lavoro, in cui il lavoratore avrebbe dovuto assistere il padre disabile. L’azienda, sulla base di un’indagine investigativa, riteneva che il dipendente avesse utilizzato il permesso per occuparsi di attività personali estranee all’assistenza. Il Tribunale di Venezia accoglieva il ricorso, annullando il licenziamento per difetto di prova e condannando la società al risarcimento, oltre all’indennità di mancato preavviso. La società appellava la decisione, contestando l’erronea valutazione delle prove testimoniali e l’interpretazione del concetto di assistenza al familiare disabile. La Corte ha confermato l’assenza di prova dell’abuso dei permessi, evidenziando l’inattendibilità della testimonianza dell’investigatore privato, il quale non aveva documentato con certezza che il lavoratore fosse impegnato in attività estranee all’assistenza. Inoltre, ha ribadito che la giurisprudenza della Cassazione (Cass. n. 23891/2018; Cass. n. 16973/2022) riconosce che l’assistenza al disabile può comprendere anche attività di gestione economica e burocratica dei suoi interessi. La Corte ha escluso che la cura degli interessi economici del padre fosse incompatibile con la finalità del permesso, ritenendo che il lavoratore avesse adempiuto ai propri doveri assistenziali. La Corte ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado.