Autorità:
Corte d’Appello
Data:
11 giugno 2024
Numero:
1937
Regione:
Lazio
Un lavoratore impugnava il licenziamento per giusta causa intimatogli contestando l’inesistenza di comportamenti sanzionabili e la violazione del principio di proporzionalità. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 8172/2023, dichiarava l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto materiale contestato e ordinava la reintegrazione del lavoratore, con condanna della società al pagamento di un’indennità a titolo risarcitorio e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. L’azienda appellava la sentenza, contestando la valutazione delle prove e la non rilevanza disciplinare della condotta del lavoratore, il quale, durante i permessi ex L. n. 104/1992, era stato osservato intrattenersi in un bar e svolgere lavori di muratura per un amico. La Corte ha ribadito che l’assistenza resa con i permessi ex L. n. 104/1992 non deve necessariamente coincidere con l’intero orario di lavoro, ma deve garantire la preminente soddisfazione dei bisogni del familiare disabile. Il lavoratore aveva dimostrato di aver prestato assistenza alla madre nelle ore necessarie e che le attività personali svolte non avevano compromesso l’effettivo scopo del permesso. Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 12032/2020, Cass. n. 2235/2023), la Corte ha stabilito che non sussiste abuso del diritto se il tempo del permesso è prevalentemente dedicato all’assistenza, anche se il lavoratore si concede momenti di svago o svolge brevi attività personali. L’azienda, inoltre, non aveva provato che il lavoratore avesse sistematicamente eluso l’assistenza per fini estranei, gravando su di essa l’onere della prova ex art. 5 L. n. 604/1966. La Corte ha rigettato l’appello e confermato la sentenza di primo grado.