Autorità:
Corte d’Appello
Data:
4 novembre 2024
Numero:
3849
Regione:
Campania
Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato contestando l’accusa di abuso dei permessi ex art. 33 L. n. 104/1992. Il datore di lavoro aveva riscontrato, tramite investigazione privata, che in alcune giornate il dipendente, invece di prestare assistenza alla suocera disabile, si era recato in una località distante oltre 30 km dalla residenza della suocera, pernottandovi e svolgendo attività estranee all’assistenza. Il Tribunale di Nola rigettava il ricorso, ritenendo accertato l’abuso e proporzionato il licenziamento. L’appellante contestava la sentenza, sostenendo che le attività svolte fossero strumentali a predisporre un ambiente adeguato alla disabile e denunciando l’omessa valutazione di elementi istruttori. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’assistenza non richiede una presenza continuativa, ma deve essere teleologicamente connessa al beneficio del disabile. Tuttavia, nel caso di specie, il lavoratore aveva lasciato la disabile senza assistenza per circa 24 ore, svolgendo attività personali senza dimostrare un nesso funzionale con l’assistenza. La Corte ha ritenuto che la condotta dell’appellante, reiterata in due episodi distinti, costituisse un chiaro sviamento della finalità dei permessi. Richiamando la giurisprudenza di legittimità, la Corte ha evidenziato che l’abuso dei permessi ex L. n. 104/1992 integra una violazione dei principi di correttezza e buona fede, giustificando il licenziamento per giusta causa in quanto lede irreparabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro. La Corte di Appello ha rigettato l’appello, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa.