Corte d’Appello di Napoli, sez. lav., sent. 26 marzo 2024, n. 863

Autorità:
Corte d’Appello

Data:
26 marzo 2024

Numero:
863

Regione:
Campania

La lavoratrice, invalida al 100% per tetraparesi spastica, assunta come appartenente a categoria protetta, è stata reintegrata in servizio a seguito di sentenza che aveva annullato una precedente cessione di ramo d’azienda. Dopo la riassegnazione, è stata sottoposta a visita medica che ha confermato l’idoneità al lavoro con limitazioni. L’azienda, però, l’ha collocata in permesso retribuito a tempo indeterminato, senza assegnarle mansioni effettive, giustificando tale condotta con l’assenza di collocazioni compatibili. 

La Corte ha ritenuto provata la condizione di disabilità della lavoratrice e ha ribadito che, ai sensi dell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE e dell’art. 3, co. 3-bis, D.lgs. 216/2003, il datore di lavoro è tenuto ad adottare “accomodamenti ragionevoli” per consentire al disabile di conservare il posto di lavoro. È stato rilevato che l’azienda non ha né allegato né provato di aver tentato o anche solo valutato soluzioni organizzative compatibili con le limitazioni indicate. Il comportamento datoriale, privo di uno sforzo organizzativo effettivo e protrattosi nel tempo senza motivazione concreta, è stato qualificato come discriminatorio, in quanto fondato sull’effetto svantaggiante derivante dalla disabilità e non su un criterio oggettivo e proporzionato. 

La Corte ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado che ordinava la riassegnazione della lavoratrice a mansioni compatibili. Ha accertato la natura discriminatoria della sospensione dal servizio, dichiarandone la nullità ai sensi dell’art. 15 Statuto dei lavoratori, e ha condannato la società alla cessazione della condotta discriminatoria e alla rimozione degli effetti. 

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