Autorità:
Corte d’Appello
Data:
23 gennaio 2024
Numero:
4322
Regione:
Campania
Un lavoratore, licenziato per giusta causa a seguito di un’indagine investigativa che aveva accertato l’abuso dei permessi ex legge n. 104/1992, ha impugnato il provvedimento, sostenendo l’assenza di prova della condotta contestata e chiedendo la reintegrazione o, in subordine, un’indennità risarcitoria. In primo grado, il Tribunale ha accolto il ricorso, rilevando che la società, rimasta contumace, non aveva adeguatamente provato l’illecito disciplinare. Nel merito, la Corte d’Appello ha considerato pienamente valida la relazione investigativa, corredata da fotografie e confermata in sede testimoniale, da cui emergeva che il lavoratore, nei giorni di permesso, si era dedicato ad attività personali e ricreative senza prestare assistenza alla sorella disabile. La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Cassazione, secondo cui l’abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, l. n. 104/1992 costituisce un grave inadempimento degli obblighi di correttezza e buona fede, tale da giustificare il licenziamento per giusta causa. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato legittimo il licenziamento, rigettando la domanda del lavoratore.