Autorità:
Corte di Cassazione
Data:
2 gennaio 2024
Numero:
47
Regione:
Emilia Romagna
La tutela della persona con disabilità si estende anche al contratto di lavoro del famigliare della persona tutelata. Il caso trae origine dalla richiesta di T.E.Fr., dipendente di RFI, di essere trasferito dalla sede di Bologna a quella di Napoli per assistere un familiare disabile. Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 2016, aveva accolto il ricorso del lavoratore, obbligando l’azienda al trasferimento. Tale decisione è stata confermata in appello, non ritenendo sufficientemente provate da RFI le ragioni tecnico-organizzative e produttive atte a giustificare il rifiuto. È emerso, infatti, che vi erano posti vacanti nella sede richiesta, coperti tramite nuove assunzioni, e che il ruolo del lavoratore poteva essere facilmente ricoperto da altri colleghi o apprendisti abilitati. Il giudice di legittimità ha richiamato l’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, che riconosce al lavoratore caregiver il diritto al trasferimento, “ove possibile”, nella sede più vicina al domicilio del familiare disabile. Tale diritto, pur non assoluto, impone al datore di lavoro l’onere di dimostrare l’impossibilità organizzativa del trasferimento. Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha verificato che RFI non aveva fornito prove sufficienti a giustificare il diniego, evidenziando la fungibilità delle mansioni del lavoratore e la presenza di personale qualificato per sostituirlo. Inoltre, la Cassazione ha ribadito la necessità di bilanciare il diritto del lavoratore con le esigenze aziendali, privilegiando, ove possibile, la tutela del familiare disabile. La Corte ha respinto il ricorso di RFI, confermando l’obbligo al trasferimento del lavoratore. È stato stabilito, inoltre, che le ragioni tecnico-organizzative addotte dalla società non rivestivano particolare rilevanza e che il rifiuto al trasferimento sacrificava in modo irragionevole le esigenze di assistenza del familiare disabile.