Autorità:
Corte d’Appello
Data:
27 marzo 2024
Numero:
625
Regione:
Toscana
La Corte d’Appello di Firenze si è pronunciata sull’appello proposto da una signora con disabilità visiva contro la sentenza di primo grado con cui il Tribunale aveva rigettato la sua richiesta di risarcimento del danno, a seguito di una caduta avvenuta in un museo. La ricorrente, premesso di essere gravemente ipovedente, aveva lamentato di essere caduta a causa di uno scalino non segnalato nella corte interna di un museo e che, a causa della folla di gente che si accalcava per poter salire verso una mostra, la percezione del dislivello era stata oggettivamente impedita; aveva inoltre aggiunto che gli addetti al museo le avevano riferito come quel dislivello avesse frequentemente costituito causa di cadute accidentali anche da parte di altri visitatori vedenti e che il pericolo in oggetto non risultava in alcun modo transennato né segnalato. Per questo, aveva citato in giudizio il complesso museale e l’assicuratore per la responsabilità civile di tale ente, chiedendone la condanna solidale a risarcirle tutti i danni patiti. Il tribunale aveva concluso rigettando il ricorso, ritenendo che l’attrice non avesse assolto all’onere della prova di dimostrare il fatto storico, ed in particolare essendo rimasta dubbia la relazione tra lo scalino non segnalato e la caduta. La Corte d’Appello ha accolto il ricorso e ha riformato la sentenza di primo grado: il collegio ha ritenuto, da un lato, dimostrata la dinamica della caduta; dall’altro lato, ha affermato che lo scalino stesso fu la causa della caduta, con la conseguenza che l’incidente sarebbe stato prevedibile e prevenibile. Secondo la Corte, se è vero che un gradino, per esperienza comune, diventa potenzialmente dannoso nel momento in cui non se ne percepisca la presenza, si deve considerare che nel caso di specie un tale pericolo era certo e, per così dire, intrinseco, per una persona non vedente o gravemente ipovedente. Inoltre, lo stesso ente museale, pur avendo avuto conoscenza della visita di un gruppo di persone ipovedenti, non aveva adottato alcun accorgimento, nemmeno temporaneo a tutela dei visitatori, né segnalazioni tattili o sonore che permettessero l’orientamento e la riconoscibilità del luogo e della fonte di pericolo agli ipovedenti, come prescritto dall’art. 1, comma 2, lett c, del D.P.R. n. 503 del 1996 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici).