Corte Costituzionale, sent. 29 gennaio 2025, n. 3 

Autorità:
Corte Costituzionale

Data:
29 gennaio 2025

Numero:
3

Regione:
Lazio

Con sentenza 29 gennaio 2025, n. 3, la Corte costituzionale ha scritto una nuova importante decisione nella tutela dei diritti delle persone con disabilità. Sono stati dichiarati incostituzionali l’art. 9, comma 3, della legge n. 108 del 1968 e l’art. 2, comma 6, del Codice dell’amministrazione digitale, nella parte in cui non prevedevano alcuna alternativa alla firma autografa nella sottoscrizione delle liste elettorali, per l’elettore che abbia una certificata impossibilità derivante da un grave impedimento fisico. Nel caso che ha dato origine alla pronuncia, una persona con disabilità fisica, con il supporto dell’Associazione Luca Coscioni, aveva fatto ricorso al giudice perché, in occasione delle elezioni per la Regione Lazio del 2023, non aveva potuto sottoscrivere una delle liste elettorali, in quanto impossibilitato fisicamente ad apporre la firma autografa richiesta dalla legge, che non consentiva in questi casi la sottoscrizione con firma digitale. 

La normativa prevedeva infatti che, in queste situazioni, il presentatore di una lista elettorale potesse fare la dichiarazione solo in forma verbale, alla presenza di due testimoni, davanti ad un notaio o al segretario comunale o ad altro impiegato delegato dal Sindaco. La Corte costituzionale ha ritenuto tale procedura inadeguata e ha definito lo strumento, risalente a quando non esisteva la firma digitale, «un aggravio né necessario, né proporzionato rispetto all’esigenza di verificare l’autenticità e la genuinità della sottoscrizione». In ragione dello sviluppo tecnologico, infatti, la preclusione all’utilizzo della firma digitale, anche per le persone con disabilità, finisce per costituire un ostacolo, previsto dall’ordinamento giuridico stesso, al pieno sviluppo della persona umana e all’effettiva partecipazione all’organizzazione politica. La Corte costituzionale ha concluso affermando che «la dignità umana è compromessa ogni volta in cui è lo stesso ordinamento giuridico che trasforma, in forza di un suo divieto o di una sua previsione, in inabile e bisognosa di assistenza una persona che, invece, sarebbe in grado, con propri mezzi, di provvedere a compiere una determinata attività». Pur senza citare esplicitamente la Convenzione ONU, la Corte ha dunque ancora una volta evidenziato come la prospettiva del modello bio-psico-sociale sia pienamente accolta dal nostro ordinamento.

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