Autorità:
Corte d’Appello
Data:
19 marzo 2024
Numero:
–
Regione:
Lombardia
Con la sentenza in esame, la Corte d’Appello di Milano ha riformato un’ordinanza di primo grado del Tribunale di Pavia relativa alla natura discriminatoria di alcune barriere architettoniche. In particolare, l’appellante, un giudice di pace con disabilità motoria, aveva agito in primo grado secondo la legge n. 67 del 2006 per chiedere che fosse accertata la condotta discriminatoria del Ministero di Giustizia e che quest’ultimo fosse condannato all’eliminazione di tutta una serie di barriere architettoniche presenti negli uffici giudiziari di Pavia e Voghera. Il giudice di primo grado, pur riconoscendo la presenza di alcune barriere, non aveva però ritenuto discriminatorio il fatto che un ascensore, a causa delle sue dimensioni ridotte, potesse essere utilizzabile solo per mezzo di una speciale carrozzina sulla quale occorreva effettuare un’operazione di trasbordo della persona con disabilità. In altre parole, la persona con disabilità, per poter usare l’ascensore doveva essere sollevata da altre persone dalla sua carrozzina e collocata su quella presente in ascensore. Secondo il giudice di primo grado, pur essendo questa un’operazione complessa, essa era adeguata a rendere fruibili alle persone con disabilità gli spazi interni dell’immobile posti ai piani superiori e al bagno attrezzato per persone con disabilità. Il ricorrente aveva quindi proposto appello, accolto dal giudice di secondo grado.
Secondo la Corte di appello, infatti, l’operazione di trasbordo realizzata mediante sollevamento a braccia da parte del personale di vigilanza – non abilitato, né tenuto per contratto, ad eseguire questa operazione – determina la impossibilità per la persona con disabilità di accedere in autonomia, liberamente e secondo necessità, al piano superiore dell’ufficio giudiziario. Ciò determina un significativo impedimento di accesso agli spazi comuni, e perciò stesso integra una condotta indirettamente discriminatoria. Al fine di rimuovere la discriminazione, la Corte di appello ha ordinato, entro dieci mesi, l’installazione di un servo-scala a piattaforma richiudibile, raggiungibile ed azionabile, in piena autonomia dagli utenti con difficoltà motorie. Nel caso di specie, il ricorrente aveva inoltre chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa della privazione di quelle misure necessarie obbligatore previste dalla legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Tuttavia, secondo la Corte il ricorrente non ha allegato, né dimostrato, né l’esistenza né la consistenza del danno morale asseritamente subito, limitandosi a descrivere genericamente gli episodi discriminatori.